Roma, 18 gen – Fioriscono le nuove creme che proteggono la pelle dallo smog che attanaglia le principali città del mondo, italiane incluse. Se ne parla, in molti ne scrivono, moltissime industrie le propongono. Ma, funzionano?
Il dibattito è in corso tanto che la rivista tecnico-scientifica Cosmetic & Toiletries science applied ha dedicato al tema un seminario molto ben fatto con la partecipazione di esperti di aziende produttrici, analisti di mercato e ricercatori universitari che praticano questo tipo di indagini. L’ho seguito e mi sono fatta un’idea abbastanza chiara il cui succo è ‘potrebbero funzionare’ ma per ora …poche certezze.
A quanto pare molti messaggi a favore dell’uso di tali prodotti non corrispondono ancora a proprietà reali e dimostrate, e che qualche volta gli slogan superano la realtà. Ciò significa che un conto è scriverlo sulle pagine dei giornali (quanti articoli realmente poco informati si leggono!) , altra cosa è che le industrie imprimano tali proprietà sulle confezioni dei prodotti assumendosi tutto un altro genere di responsabilità. Chi lo fa (corredare di prove gli slogan e scrivere anche sulle confezioni le stesse cosa) si aggiudica la mia stima di partenza.
Ha spiegato durante il seminario Sarah Jindal, analista senior di Mintel : “Nel mondo i lanci di prodotti beauty con azioni ‘anti-pollution’ cresce di anno in anno, ma spesso tali proprietà sono solo reclamizzate nelle pubblicità, molto meno sui prodotti lasciando una opacità che confonde i consumatori”.
Fake news dunque o reali proprietà? Tito Sobisch, esperto di nanotecnologie a Berlino, ha risposto piccato ad alcuni articoli pubblicati sulla stessa rivista, ritenuta la bibbia per i formulatori delle industrie cosmetiche di tutto il mondo, che promuoveva qualche molecola: “Slogan e pubblicità a favore di tali rimedi sono un fenomeno smaccatamente di marketing e niente più. Sono quindi allergico alle molecole antismog infilate nei prodotti di bellezza”.
Non tutti gli scienziati però la pensano come Sobisch. Qualcosa sta cambiando.
Ha spiegato Jean Krutmann, fra i più grandi esperti al mondo di invecchiamento molecolare, del Leibniz Research Institute for Environmental Medicine di Düsseldorf: “Gli effetti sulla pelle dell’inquinamento si riflettono sull’invecchiamento, sulla pigmentazione e la sensibilità cutanea, così come sono in gradi di peggiore alcune malattie come eczema, orticaria e acne vulgaris. Fanno parte delle molecole inquinanti i metalli pesanti dovuti ai processi industriali, lo smog delle automobili, il fumo di sigaretta e i livelli di ozono”.
Krutmann ha spiegato che un vasto studio condotto su ottocento donne dai 55 ai 74 anni di età, condotto in aree molto inquinate della Germania e battezzato SALIA, sugli effetti dello smog sulla funzione polmonare ha incluso anche gli effetti sull’invecchimaneto della pelle. Osservando in particolare le zone della fronte e degli zigomi e dei solchi nasolabiali, sono stati riscontrati livelli più elevati di concentrazione di smog a livello delle guance e tali concentrazioni sono risultati anche essere fortemente correlati con la comparsa di macchie, in particolare sulle guance delle donne più anziane. Altri due studi condotti in collaborazione con partner cinesi, condotti su un campione di oltre 1.000 donne dai 28 ai 90 anni di età che vivono in zone molto inquinate, ha riportato risultati simili.
Ha detto Krutmann: “Esiste una associazione diretta fra l’incremento della concentrazione di nitrati e lo sviluppo di macchie scure sulle gote del 23% nel campione di donne tedesche e del 24% in quello cinese”.
Lo studioso ipotizza che avvengano delle interazioni genetiche e molecolari indotte dallo smog nella formazione di questa macchie, in particolare si ipotizza un coinvolgimento dei recettori MC1R della melanina e dei geni AHR/AHRR. “Ipotizziamo esserci una interazione fra geni e molecole inquinanti a livello cutaneo” ha detto lo studioso che ha anche ciato un esperimento in cui è stata applicata una crema contenete residui di particolato dei motori diesel su campioni ex vivo di pelle umana e che tale esperimento ha confermato l’attivazione dei geni AHR.
Come proteggere la pelle da questo rischio? “Come abbiamo la protezione solare in futuro avremo la protezione dallo smog con molecole in grado di inibire l’espressione di questi geni a livello dei cheratinociti, come ha dimostrato di fare il composto BDDI, cioè lo E/Z 2 benzylindene-5,6-dimethoxy-3,3-dimethylindan-1-one, nuovo recettore di idrocarburi provato sia in vitro che in vivo”.
L’ingrediente in questione è già impiegato come protettore solare e attendiamo quindi sviluppi.
Insomma le basi ci sono, alcuni ingredienti pure. I creativi ed il marketing delle industrie della cosmesi cavalcano già questo nuovo bisogno reale (levare lo smog dalla pelle ed evitarne l’assorbimento e i danni sono richieste serie) ma molta strada è ancora da fare.